Cronaca

Milano, inflitti a Carvelli 30 anni di reclusione

Trent’anni di reclusione: è questa la condanna inflitta dai giudici del Tribunale di Milano a Mario Carvelli, 43enne di Petilia Policastro, alla sbarra con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Una pena anche più severa di quella sollecitata dal pubblico ministero Claudio Gittardi che al termine della sua requisitoria aveva chiesto di condannare il petilino, assurto al rango di boss di Quarto Oggiaro, a 29 anni di reclusione. Il processo è scaturito da un’operazione della squadra mobile di Milano diretta da Francesco Messina con la quale il 26 giugno dello scorso anno è stata debellata una organizzazione di spacciatori di droga, soprattutto cocaina, gestita da elementi legati alle cosche mafiose di Petilia Policastro.

Trent’anni di reclusione: è questa la condanna inflitta dai giudici del Tribunale di Milano a Mario Carvelli, 43enne di Petilia Policastro, alla sbarra con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Una pena anche più severa di quella sollecitata dal pubblico ministero Claudio Gittardi che al termine della sua requisitoria aveva chiesto di condannare il petilino, assurto al rango di boss di Quarto Oggiaro, a 29 anni di reclusione.
Il processo è scaturito da un’operazione della squadra mobile di Milano diretta da Francesco Messina con la quale il 26 giugno dello scorso anno è stata debellata una organizzazione di spacciatori di droga, soprattutto cocaina, gestita da elementi legati alle cosche mafiose di Petilia Policastro. A capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, c’era appunto Mario Carvelli, che utilizzava un vero e proprio esercito di giovani spacciatori, tra i quali anche un ragazzino di appena 13 anni ed altri di 16, organizzati militarmente a presidio del popolare quartiere Quarto Oggiaro, alla periferia di Milano. Una zona che i Carvelli avevano suddiviso in maniera scientifica con i Tatone, per evitare contrasti e scontri sanguinosi com’era avvenuto in passato. I loro traffici sono venuti alla luce grazie al paziente lavoro degli uomini della squadra Mobile coordinati dal pm Gittardi che hanno piazzato videocamere sui pali della luce e sui balconi di alcune case i cui proprietari sono stati ben felici di collaborare, hanno messo cimici nelle auto, pedinato, intercettato, filmato. Indizi che al processo si sono arricchiti di ulteriori elementi come le intimidazioni, le minacce arrivate ai poliziotti del quartiere, le spedizioni punitive contro chi aveva osato collaborare con la polizia, tanto che due ex affiliati sono stati costretti a trasferirsi in una località segreta.
Un primo nutrito gruppo di persone arrestate nell’operazione dello scorso anno, diciotto in tutto, sono state già giudicate e in gran parte condannate a pene severe nel processo con rito abbreviato che si è celebrato davanti al gup di Milano nello scorso mese di luglio. Mario Carvelli ed altre sei persone, invece, sono stati rinviati a giudizio davanti al Tribunale di Milano. Che ora ha inflitto 30 anni di reclusione al boss di Quarto Oggiaro, 19 anni ad Andrea Natale, 11 anni a Salvatore Napoletano, 8 anni a Sergio Testa, 7 anni e mezzo a Roberto Spinazzola, 7 anni e un mese a William Amato e a 7 anni Roberto Feliziani.
Quando il presidente della sesta sezione penale del Tribunale ha letto la sentenza, una donna in piedi fra il pubblico, parente di un imputato, si è rivolta ai giudici con un insulto pesante: “infami di merda, infami”.
(d.p.)