Cronaca

Spie e depistaggi per fermare il lavoro di Bruni

Fanno capolino i servizi segreti nell’indagine che il sostituto procuratore della repubblica di Crotone Pierpaolo Bruni sta svolgendo da diversi mesi in merito alle irregolarità che sarebbero state commesse per la realizzazione di una centrale termoelettrica a Scandale e che vede indagati, tra gli altri, il sottosegretario Pino Galati, l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti e l’imprenditore Aldo Bonaldi. Gli sviluppi dell’indagine hanno portato, nelle scorse settimane, all’iscrizione sul registro degli indagati anche del maggiore dei carabinieri Enrico Grazioli, già comandante del reparto operativo del comando provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, dal momento che avrebbe raccontato particolari delle investigazioni coperte da segreto ed anche le modalità per eluderle ad alcuni soggetti sottoposti alle indagini che egli stesso stava conducendo; e inoltre di Salvatore Cirafici, procuratore

Fanno capolino i servizi segreti nell’indagine che il sostituto procuratore della repubblica di Crotone Pierpaolo Bruni sta svolgendo da diversi mesi in merito alle irregolarità che sarebbero state commesse per la realizzazione di una centrale termoelettrica a Scandale e che vede indagati, tra gli altri, il sottosegretario Pino Galati, l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti e l’imprenditore Aldo Bonaldi.
Gli sviluppi dell’indagine hanno portato, nelle scorse settimane, all’iscrizione sul registro degli indagati anche del maggiore dei carabinieri Enrico Grazioli, già comandante del reparto operativo del comando provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, dal momento che avrebbe raccontato particolari delle investigazioni coperte da segreto ed anche le modalità per eluderle ad alcuni soggetti sottoposti alle indagini che egli stesso stava conducendo; e inoltre di Salvatore Cirafici, procuratore della Wind Telecomunicazioni spa, responsabile dell’organizzazione e della gestione delle richieste di intercettazioni telefoniche avanzate al gestore dall’autorità giudiziaria e dalle forze di polizia, che è accusato di rivelazione di segreto d’ufficio e falso ideologico.
Approfittando della sua posizione Cirafici, a sua volta ex ufficiale dei carabinieri, avrebbe rivelato al maggiore Grazioli che era sottoposto ad intercettazione telefonica e oggetto di investigazioni da parte dei Carabinieri della compagnia di Crotone. Tra Cirafici e il maggiore, ipotizza l’accusa, ci sarebbe stato uno scambio di reciproci favori. Il funzionario della Wind, in particolare, grazie alle sue conoscenze ad alti livelli istituzionali, avrebbe dovuto intercedere per fare ottenere a Grazioli un incarico nei servizi segreti.
Proprio intercettando l’utenza telefonica di Grazioli, i carabinieri di Crotone hanno scoperto che l’ufficiale chiamava frequentemente un numero di cellulare della Wind ma quando hanno chiesto alla società telefonica a chi fosse intestato si sono sentiti rispondere che sui terminali quella scheda risultava “disattiva”. Solo più tardi dagli uffici romani della Wind è stato precisato che la scheda in realtà era intestata direttamente a Cirafici. Nel frattempo il dirigente, appreso della richiesta dei carabinieri di Crotone, è venuto a conoscenza di essere coinvolto nelle indagini che riguardavano Grazioli ed ha avvertito il suo amico ufficiale. Sollecitandolo a informarsi su cosa vertesse il procedimento. “In particolare mi sollecitava ad informarmi – ha rivelato lo stesso Grazioli agli inquirenti – se il dottore Bruni che lui sapeva essere il titolare del procedimento penale in questione, avesse avanzato la richiesta quale sostituto della Procura di Crotone ovvero quale sostituto applicato alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Non solo, voleva altresì sapere se il Genchi fosse consulente tecnico di Bruni nell’ambito del presente procedimento penale”.
Il sospetto che nella banca dati della Wind esistesse un cospicuo numero di quelle schede telefoniche “coperte”, concesse in uso dal Cirafici a persone amiche in modo da eludere eventuali investigazioni, a quel punto ha indotto il pm Bruni a ordinare un’ispezione presso gli uffici romani della società Wind che, a quanto pare, ha dato esito positivo.
L’esistenza di quelle schede, peraltro, è stata confermata dallo stesso maggiore Grazioli che, interrogato dagli inquirenti, ha spiegato che Cirafici era preoccupato del fatto che nel corso dell’indagine Why not erano emersi contatti tra lo stesso Cirafici, una persona (negli atti coperta da omissis) e altri soggetti, anche istituzionali. E’ stato il consulente Gioacchino Genchi a rivelare che Cirafici era in contatto, tra gli altri, con gli uomini della security Telecom Fabio Ghioni e Luciano Tavaroli e con Marco Mancini, a capo di una sezione del servizio segreto militare. “In una occasione – ha aggiunto Grazioli – Cirafici mi lesse anche un qualcosa di scritto in suo possesso, dov’erano indicate le ‘convergenze investigative’ tra le utenze di Cirafici e quelle di terzi con lui in contatto telefonico. Il timore paventato da Cirafici era determinato dal fatto che lo stesso Cirafici aveva, a cagione del suo ruolo presso la Wind, la disponibilità di schede telefoniche Wind non intestate e non riconducibili ad alcuno; erano quindi delle schede ‘coperte’, pertanto di pressoché impossibile riconducibilità ad un soggetto qualora fosse stata inoltrata specifica richiesta di intestatario da parte dell’autorità giudiziaria”. Schede – ha aggiunto Grazioli – che Cirafici aveva “consegnate e date per l’uso anche a soggetti ricoprenti ruoli istituzionali di primo piano. Quindi temeva che dagli accertamenti del consulente Genchi si potessero svelare e quindi far emergere tali gravi circostanze”. Per questo il dirigente della Wind chiedeva costantemente al maggiore Grazioli di informarsi sugli sviluppi dell’indagine Why not e in particolare del lavoro del consulente Gioacchino Genchi. “So che è andato anche in Procura a chiedere informazioni – ha aggiunto Grazioli – ma non mi ha chiesto di accompagnarlo perché sapeva già a chi rivolgersi”.
“Bruni va fermato”: è quanto il dirigente della Wind Salvatore Cirafici ha intimato al maggiore dei carabinieri Enrico Grazioli una volta venuto a conoscenza dell’indagine che il sostituto procuratore della repubblica stava svolgendo sul suo conto e soprattutto che il magistrato aveva scoperto l’esistenza di un certo numero di schede telefoniche Wind ‘coperte’ date in uso a soggetti ’istituzionali’.