Cronaca

La "piazzetta" sta morendo

Una volta questo era il periodo migliore per i commercianti della storica ‘piazzetta’, il mercatino della frutta e del pesce ubicato proprio nel centro della città: ad agosto la ‘piazzetta’ pullulava di turisti e di cittadini preoccupati di fare una spesa più abbondante per le loro famiglie diventate momentaneamente più grandi per il rientro dei tanti parenti emigrati. Erano anni “floridi” quelli, commentano oggi con nostalgia i commercianti “la gente era così tanta che non si riusciva nemmeno a camminare facilmente, anzi c’era un caos che diventava quasi fastidioso”. Si sentiva un continuo vociare in sottofondo, spezzato continuamente dalle urla e dalle risate concitate dei venditori allegri per le vendite che andavano a gonfie vele. Ma la piazzetta era molto di più una volta nel mese di agosto: era il luogo in cui si rincontravano, spesso dopo un lungo anno crotonesi costretti a lavorare lontano e tornati per le ferie.

Una volta questo era il periodo migliore per i commercianti della storica ‘piazzetta’, il mercatino della frutta e del pesce ubicato proprio nel centro della città: ad agosto la ‘piazzetta’ pullulava di turisti e di cittadini preoccupati di fare una spesa più abbondante per le loro famiglie diventate momentaneamente più grandi per il rientro dei tanti parenti emigrati. Erano anni “floridi” quelli, commentano oggi con nostalgia i commercianti “la gente era così tanta che non si riusciva nemmeno a camminare facilmente, anzi c’era un caos che diventava quasi fastidioso”. Si sentiva un continuo vociare in sottofondo, spezzato continuamente dalle urla e dalle risate concitate dei venditori allegri per le vendite che andavano a gonfie vele. Ma la piazzetta era molto di più una volta nel mese di agosto: era il luogo in cui si rincontravano, spesso dopo un lungo anno crotonesi costretti a lavorare lontano e tornati per le ferie. Per loro tornare in quel luogo voleva dire vivere pienamente il ritorno a casa concedendosi i sapori locali e lasciandosi inebriare da quei profumi tradizionali di cui tanto si aveva avuto nostalgia: quelli dell’origano, del finocchio selvatico, del pepe rosso che condisce la sardella e le sarde salate, dei formaggi, e ancora dei fichi secchi, di quelle olive messe a bagno in grandi vasche, del pesce fresco pescato nel mare di Crotone, dei ‘pipi salati’ esposti nei ‘salaturi’ di terra cotta… Tutto questo nella piazzetta c’è ancora, ma adesso manca la cosa fondamentale: i clienti.
Anche adesso che è agosto regna la desolazione: tra i vichi del mercato circola solo qualche anziano stanco con il suo carrello della spesa, mentre tanti box sono proprio chiusi.
C’è chi chiude battenti
Tanti commercianti del posto, infatti, presa consapevolezza di non essere più in grado di fronteggiare le spese, hanno preferito chiudere battenti, invece di indebitarsi ulteriormente. Per loro e anche per i commercianti che continuano a tentare di resistere è stato “un colpo al cuore” non vedere riaprirsi quelle saracinesche anche dopo 50 anni di attività svolta. Tanti di quegli esercizi commerciali, infatti, rappresentano una tradizione tramandata da generazione in generazione, alla quale, però, gli attuali gestori non sono sicuri di poter garantire continuità.
Perché? Cosa è successo per determinare questo cambiamento? I commercianti che, visti i pochi clienti, ultimamente tempo per riflettere, seduti con le braccia conserte, ne hanno parecchio si sono fatti diverse idee: “Questo mercato – ha sostenuto un’anziana donna che lì lavora da sempre – hanno voluto farlo morire, non c’è un parcheggio come si deve e, a differenza di una volta, ci sono solo parcheggi a pagamento, non c’è più un angolo libero per lasciare la macchina. La gente così si scoraggia! Poi i pullman non fanno più capolinea in piazza Pitagora, ma solo a corso Mazzini, quindi le donne che arrivano dai paesi o dai quartieri vanno nei supermercati o all’altro mercatino di via Manna. Per non parlare del fatto che in piazza ci sono sempre lavori in corso che ostruiscono il passaggio: è una vita, una volta per ristrutturare ed altre per aggiustare le rotture, che siamo circondati lai muratori, lavori interminabili che iniziano e che poi continuano a singhiozzo”. La crisi economica che incombe, poi, ha fatto tutto il resto.
Caccia al colpevole
Ma i commercianti ritengono che all’origine dei loro problemi ci sia anche un altro colpevole: l’euro. “Da quando è cambiata la moneta – sostengono – è iniziata la nostra rovina, i soldi non bastano più, né a noi e né ai clienti che sono costretti a spendere di meno. Dall’ingresso dell’euro in poi siamo andati verso il declino fino ad arrivare alla situazione attuale, in cui abbiamo serie difficoltà anche a sopravvivere perché non riusciamo a pagare le tasse, a casa spesso abbiamo difficoltà a sostenere anche le bollette. Quello che ci ammazza è il fisco, ormai è una trappola e tanti di noi si sono pentiti di essersi regolarizzati, anche perché gli abusivi sono troppi e indirettamente finiscono per penalizzare anche noi che non riusciamo ad essere competitivi”.
Eppure quegli stessi commercianti che ora aspettano depressi sulle porte dei loro box ricordano tempi decisamente migliori: “grazie a queste attività – ha detto uno di loro che ha ereditato l’esercizio commerciale dalla mamma – ci siamo comprati le case, abbiamo avuto una vita dignitosa ed abbiamo fatto studiare i nostri figli. Qui, in questo mercato, abbiamo costruito la nostra posizione e siamo stati felici, perché quando gli affari vanno bene è normale che l’atmosfera è tutta diversa”.
“Una volta – ha aggiunto un’altro – in periodi come questo la gente comprava cassette intere di frutta e verdura e noi facevamo la spola tra la cabina e le macchine dei clienti per aiutarli nel trasporto. C’erano tante macellerie che oggi non ci sono più, sempre affollate, ricordo ancora i vitelli scannati appesi sulle porte, che i turisti guardavano con stupore. La gente non sapeva proprio da dove passare… Se penso a quelle scene mi chiedo: ma i crotonesi che fine hanno fatto? Sono morti? Non mangiano più?”.
Qualcuno amareggiato una risposta, però, crede di averla trovata: “Ormai la vita economica si svolge nei centri commerciali, noi siamo destinati a morire come fruttivendoli, dobbiamo trovarci un altro lavoro o partire. È una questione di mentalità, la gente preferisce fare la spesa nei supermercati, che ci hanno fatto una concorrenza spietata ed hanno vinto”.
Davanti a questa constatazione condivisa, però, i commercianti non hanno potuto fare a meno di sottolineare quello che intanto si perde: “nei centri commerciali – ha sottolineato una donna – non ci sono i prodotti che noi raccogliamo nelle campagne e che coltiviamo con le nostre mani, questi mazzi di origano e di salvia – ha aggiunto – li abbiamo raccolti e legati noi, proprio come si fa da sempre, noi non usiamo bustine di plastica, continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto. Siamo produttori diretti”.
Angela De Lorenzo
(l’articolo integrale sull’edizione in edicola da giovedì 13 agosto)