Cronaca

Rifiuti, Ponticelli: perchè spostarlo?

Cinque anni di proteste, ricorsi, ordinanze sindacali, pareri negativi, richiami ufficiali delle massime cariche rappresentative del territorio sono serviti poco o niente. La Regione è ancora alla ricerca di una valida motivazione per delocalizzare l’impianto di selezione dei rifiuti di località Ponticelli. E se non la trova, non riesce a chiudere la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), abbondantemente in ritardo dopo la scadenza - il 21 gennaio scorso - del vecchio nullaosta. “Richiesta di chiarimenti per conclusione del procedimento”, si legge alla voce ‘oggetto’ nella missiva che il Dipartimento regionale per le politiche dell’ambiente ha inviato agli Enti interessati al rilascio dell’Aia.

Cinque anni di proteste, ricorsi, ordinanze sindacali, pareri negativi, richiami ufficiali delle massime cariche rappresentative del territorio sono serviti poco o niente. La Regione è ancora alla ricerca di una valida motivazione per delocalizzare l’impianto di selezione dei rifiuti di località Ponticelli. E se non la trova, non riesce a chiudere la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), abbondantemente in ritardo dopo la scadenza – il 21 gennaio scorso – del vecchio nullaosta.
“Richiesta di chiarimenti per conclusione del procedimento”, si legge alla voce ‘oggetto’ nella missiva che il Dipartimento regionale per le politiche dell’ambiente ha inviato agli Enti interessati al rilascio dell’Aia. La Regione, complice lo smaltimento irregolare di scarti di Ponticelli nelle discariche di Catanzaro e Columbra legato più che altro ad una errata attribuzione di codici Cer, chiede delucidazioni sui pareri espressi in conferenza dei servizi: negativo, ricordiamo, quello dell’Azienda sanitaria, positivi (ma condizionati all’avvio di un tavolo per il trasferimento dell’impianto in un altro luogo in tempi brevi) quelli di Comune e Provincia, anche se quest’ultima, a seguito della vicenda dei conferimenti irregolari, ha congelato il suo pronunciamento.
I maggiori chiarimenti dovrebbe fornirli la dottoressa Rosa Bilotta, del Dipartimento di prevenzione dell’Asp, il cui parere non si presta ad equivoci di sorta: quell’impianto non può stare in quel posto, a ridosso di zone residenziali e turistiche, poiché la gente non può convivere con la puzza della spazzatura. Ma da quest’orecchio a Catanzaro non ci sentono e tra le richieste indirizzate all’Asp c’è (ancora una volta) quella di “fornire la stringente motivazione sul parere che porta a non accettare l’attuale localizzazione dell’impianto realizzato nell’anno 2002 con autorizzazione del commissario delegato”.
La dottoressa Bilotta non ha bisogno di suggerimenti, tuttavia proviamo a rispondere noi rammentando alla Regione che la risposta sta nella domanda: quell’impianto è stato calato dall’alto con un’ordinanza commissariale, in piena emergenza ambientale, quindi senza chiedere l’autorizzazione al Comune; e anche se l’avessero chiesta, il sindaco dell’epoca, Pasquale Senatore, e gli assessori all’Ambiente ed all’Urbanistica si sarebbero girati lo stesso dall’altra parte per non fare uno sgarbo a don Peppino Chiaravalloti, all’epoca commissario per l’emergenza ambientale. All’Asp viene chiesto anche di chiarire se l’attività di vigilanza igienico-sanitaria svolta sul sito sia stata effettuata dai servizi competenti e da operatori con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria; inoltre “se è stata condotta indagine epidemiologica sulle popolazioni residenti nell’area in considerazione delle criticità ambientali evidenziate”.
Il Comune è chiamato a relazionare sulla tempistica nella realizzazione degli insediamenti residenziali ed industriali nelle zone a Nord della città “atteso che sull’attuale localizzazione dell’impianto – scrivono da Catanzaro – non sono, illo tempore [?, ndr], stati sollevati motivi ostativi”. Anche in questo caso vale la risposta di prima: il commissario Chiaravalloti agì d’imperio e l’allora Giunta comunale di centrodestra preferì non proferire parola. Alla Provincia viene invece chiesto di spiegare meglio i motivi che hanno portato alla sospensione del parere e gli accorgimenti di natura gestionale che possano rimuovere gli attuali inconvenienti riscontrati.
(f.ped.)