Cronaca

EDITORIALE. Spending review: qui è a rischio la tenuta democratica

Entro 15 giorni il neo commissario per la ‘spending review’, Enrico Bondi, renderà noto un piano di tagli da circa 2 miliardi di euro. Un annuncio, quello che campeggiava mercoledì 2 maggio sul sito on line di Palazzo Chigi, che sta facendo tremare i polsi a tutti gli italiani, comunque gentilmente invitati a segnalare gli sprechi di cui sono a conoscenza.

Si prevede, infatti, una riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, il ridimensionamento delle strutture dirigenziali, l’accorpamento di uffici e amministrazioni pubbliche. Un giro di vite che, per quanto condivisibile in linea generale, per i territori più periferici già piagati da un’endemica arretratezza economica assume le sembianze di un cappio al collo.

Entro 15 giorni il neo commissario per la ‘spending review’, Enrico Bondi, renderà noto un piano di tagli da circa 2 miliardi di euro. Un annuncio, quello che campeggiava mercoledì 2 maggio sul sito on line di Palazzo Chigi, che sta facendo tremare i polsi a tutti gli italiani, comunque gentilmente invitati a segnalare gli sprechi di cui sono a conoscenza.

Si prevede, infatti, una riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, il ridimensionamento delle strutture dirigenziali, l’accorpamento di uffici e amministrazioni pubbliche. Un giro di vite che, per quanto condivisibile in linea generale, per i territori più periferici già piagati da un’endemica arretratezza economica assume le sembianze di un cappio al collo.

C’è un aspetto che evidentemente il governo dei contabili non ha messo in conto: quello della tenuta democratica che la ‘revisione della spesa’ metterà seriamente a rischio proprio in quei territori. L’abolizione dell’ente Provincia – è vero – farebbe risparmiare un po’ di indennità e qualche gettone di presenza, evenienza che in questi tempi di anti-politica è attesa da molti con trepidazione; ma porterebbe con sé anche la soppressione di decine di enti e uffici decentrati dello Stato condannando il crotonese ad un ulteriore arretramento. “Torneremmo a Catanzaro”, spiegava nella sua lucida analisi Antonio Cerminara sull’edizione di martedì scorso. Ma non è solo questo.

 

Il rischio per la tenuta democratica, e in definitiva per la convivenza civile, nella provincia di Crotone è duplice, perché indotto sia dalla quantità sia dalla qualità dei tagli: da una parte il drastico ridimensionamento degli uffici priverebbe dei mezzi di sostentamento centinaia di famiglie impoverendo l’intero tessuto sociale, dall’altra cancellerebbe la presenza di presìdi e strumenti essenziali per garantire la legalità. Quando negli anni Novanta è stato celebrato il funerale alle vecchie fabbriche, Crotone e il suo territorio per sopravvivere si sono terziarizzati; se prima erano Pertusola, Enichem e Cellulosa a distribuire qualche migliaio di stipendi al mese ora a tenere in piedi l’economia sono essenzialmente le retribuzioni erogate, oltre che dal Comune e dall’Ospedale civile, dalla Provincia e dalle articolazioni dello Stato che dopo la sua istituzione hanno aperto sportelli in città come l’ufficio del lavoro, l’ufficio scolastico, l’ufficio delle entrate, il catasto, l’Inps, l’Inail, la camera di commercio, la motorizzazione e via elencando.

 

Sta di fatto che ora Bondi ‘mani di forbice’ – come è stato subito ribattezzato il commissario per la spending review – si accinge a tagliare di netto quelle uniche risorse che ci erano rimaste. Non è difficile immaginare, allora, che il malcontento già serpeggiante possa trasformarsi in protesta anche eclatante; più difficile prevedere fino a quali estreme conseguenze si possa spingere. A quel punto, ed è questo il secondo aspetto che evidentemente viene sottovalutato, lo Stato non avrebbe neppure gli strumenti per fronteggiare la situazione: senza più Prefettura, probabilmente accorpata a Catanzaro, senza più Questura né comandi provinciali di Carabinieri e Guardia di finanza, con i Vigili del fuoco ridotti al lumicino.

 

Ci resterebbe, ingombrante e sgradita presenza, solo la ’ndrangheta che, a quel punto, avrebbe ancor più di oggi campo libero per estendere i suoi traffici e che, nel deserto lasciato dallo Stato, tornerebbe anche ad amministrare giustizia come ai tempi dei mammasantissima.

DOMENICO POLICASTRESE

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(03/05/2012)