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Omicidio Dragone, Abramo condannato a 20 anni di reclusione

Si è concluso con una condanna a 20 anni di reclusione il nuovo processo d’appello nei confronti di Giovanni Abramo, il 36enne di Cutro accusato di aver preso parte all’omicidio del boss Antonio Dragone, caduto il 10 maggio del 2004 in un agguato di mafia sulla vecchia statale 106. Per quel delitto la corte d’assise di Catanzaro, nel processo di primo grado conclusosi a luglio del 2008, aveva condannato Giovanni Abramo a 28 anni di reclusione. Poco più di un anno dopo, tuttavia, la corte d’assise d’appello aveva ribaltato quella sentenza ed assolto Abramo ritenendo insufficiente l’unico indizio che gravava sul suo capo, quello di un telefonino ritrovato sul luogo del delitto e che per gli inquirenti apparteneva proprio ad Abramo. Una decisione che non ha convinto i giudici della Cassazione davanti alla quale nel frattempo era approdata la vicenda processuale.

Si è concluso con una condanna a 20 anni di reclusione il nuovo processo d’appello nei confronti di Giovanni Abramo, il 36enne di Cutro accusato di aver preso parte all’omicidio del boss Antonio Dragone, caduto il 10 maggio del 2004 in un agguato di mafia sulla vecchia statale 106. Per quel delitto la corte d’assise di Catanzaro, nel processo di primo grado conclusosi a luglio del 2008, aveva condannato Giovanni Abramo a 28 anni di reclusione. Poco più di un anno dopo, tuttavia, la corte d’assise d’appello aveva ribaltato quella sentenza ed assolto Abramo ritenendo insufficiente l’unico indizio che gravava sul suo capo, quello di un telefonino ritrovato sul luogo del delitto e che per gli inquirenti apparteneva proprio ad Abramo. Una decisione che non ha convinto i giudici della Cassazione davanti alla quale nel frattempo era approdata la vicenda processuale. La suprema corte, infatti, ha annullato l’assoluzione di Abramo, rinviando gli atti a Catanzaro per un nuovo giudizio di secondo grado che si è concluso, appunto, nella giornata di giovedì 3 maggio. La corte d’assise d’appello ha accolto quasi integralmente la richiesta del sostituto procuratore generale Domenico Prestinenzi, che aveva sollecitato per l’imputato una condanna a 27 anni di reclusione. Opposta la richiesta dei difensori, gli avvocati Salvatore Staiano, Gregorio Viscomi e Gianni Russano, che ora attenderanno le motivazioni della sentenza – per depositare le quali la Corte ha chiesto 70 giorni di tempo – e poi presenteranno nuovamente ricorso in Cassazione. 3 maggio 2012