Cronaca

Black mountain, ricorso Procura inammissibile. Prosciolti 45 imputati

I giudici della Cassazione hanno scritto la partola fine al processo 'Black mountains', quello scaturito dall'inchiesta della Procura della Repubblica di Crotone che nel 2008 portò al sequestro di 23 siti sparsi tra Crotone, Cutro e Isola Capo Rizzuto, tra i quali figuravano persino il cortile della Questura e le banchine del porto oltre a scuole, strade e piazzali, per la cui realizzazione era stato utilizzato l’ormai famigerato Cic, acronimo che sta per conglomerato idraulico catalizzato, un materiale composto con le scorie del forno ‘Cubilot’ del vecchio stabilimento Pertusola Sud di Crotone e la loppa d’altoforno proveniente dall’Ilva di Taranto.

 

I giudici della Cassazione hanno scritto la partola fine al processo ‘Black mountains’, quello scaturito dall’inchiesta della Procura della Repubblica di Crotone che nel 2008 portò al sequestro di 23 siti sparsi tra Crotone, Cutro e Isola Capo Rizzuto, tra i quali figuravano persino il cortile della Questura e le banchine del porto oltre a scuole, strade e piazzali, per la cui realizzazione era stato utilizzato l’ormai famigerato Cic, acronimo che sta per conglomerato idraulico catalizzato, un materiale composto con le scorie del forno ‘Cubilot’ del vecchio stabilimento Pertusola Sud di Crotone e la loppa d’altoforno proveniente dall’Ilva di Taranto.

 

Per questa vicenda, che ha fatto balzare Crotone agli onori delle cronache nazionali, la Procura aveva chiesto di mandare sotto processo 45 persone accusate di aver smaltito illegalmente rifiuti tossici e pericolosi ma anche di disastro ambientale e avvelenamento delle acque; sul banco degli imputati dirigenti della società Pertusola sud e della Syndial, l’ex direttore generale del ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini, il capo di gabinetto Goffredo Zaccardi, il vice capo dell’ufficio legislativo Maurizio Pernice, i prefetti Domenico Bagnato e Salvatore Montanari, nella loro qualità di ex commissari per l’emergenza ambientale nella regione Calabria, amministratori locali insieme a una sfilza di funzionari e direttori dei lavori effettuati nei vari siti poi finiti sotto sequestro. Senonchè, nell’ottobre dello scorso anno, il giudice dell’udienza preliminare Gloria Gori li ha prosciolti tutti dalle due accuse più gravi, il disastro ambientale e l’avvelenamento delle acque, perché il fatto non sussiste; il giudice ha quindi dichiarato la prescrizione del reato di smaltimento illegale di rifiuti tossici che veniva contestato a 18 imputati.

 

La decisione non era affatto piaciuta al procuratore capo Raffaele Mazzotta che aveva subito proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza di proscioglimento del giudice Gori contestando “l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche” nonché “la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione”. All’udienza che si è tenuta giovedì 27 giugno davanti agli ermellini, il procuratore generale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso della Procura di Crotone e l’annullamento della sentenza di proscioglimento con rinvio ad altro giudice. Di diverso avviso i giudici della suprema corte che in serata hanno emesso il verdetto: ricorso inammissibile. La sentenza del gup Gori, pertanto, diventa dfinitiva.