Cronaca

Naufragio migranti, l’appello dei familiari delle vittime: "Aiutateci a riportare a casa i nostri cari"

La Rete 26 febbraio si è riunita fuori il piazzale della Prefettura per chiedere giustizia per le morti nel naufragio a Steccato di Cutro

E’ vero che il momento delle lacrime è finito. Adesso servono azioni concrete e di aiuto per le famiglie delle vittime arrivate a Crotone dalla Germania, dal Belgio, dalla Svizzera, dall’Inghilterra e dal nord Italia dopo il tremendo naufragio sulla costa di Steccato di Cutro.
A ribadirlo con forza sono le 200 associazioni calabresi che sono unite in una rete di solidarietà dal nome "Rete 26 febbraio" organizzando un sit- it, nel pomeriggio del 4 marzo, nel piazzale antistante la Prefettura di Crotone. La voce della piazza gremita era unanime: urge una politica comune europea di soccorso, accoglienza e asilo. Un modo di agire condiviso che permetta la creazione di corridoi umanitari per le persone che scappano da guerre e fame, certamente consapevoli di mettere a rischio la propria vita, nella speranza però di poterla vivere finalmente in un paese più giusto.
Tra le numerose persone presenti anche i parenti delle vittime che hanno chiesto a gran voce un aiuto soprattutto per velocizzare l’iter burocratico per lo spostamento delle salme nel paese in cui attualmente vivono. "Io sono stato insieme alle persone arrivate in città per identificare i loro cari – spiega Ramzi Labidi, mediatore culturale – e sono stato con loro durante la visita del presidente Mattarella che ha mostrato la sua vicinanza e ha dato disposizioni immediate per sostenere le famiglie per il loro alloggio. Perché ci sono famiglie che non sapevano dove andare e hanno dormito fuori. Un somalo di 14 anni mi sta chiamando tutti i giorni chiedendo informazioni perché suo fratello è disperso in mare – dice -.Bisogna continuare le ricerche, bisogna dare risposte alle famiglie. Qui, Crotone lotta tutti i giorni per l’immigrazione. E’ una terra difficile già per un italiano immaginate per un immigrato! Abbiamo lottato per il decreto sicurezza – precisa – ma ora ci troviamo a lottare per il decreto naufragi! Basta salvare al mare vittime, basta. Date la possibilità alle Ong di aiutare le persone che sono in fuga dalla guerra".
"Io sono arrivato dal Pakistan da una settimana perché mio nipote è morto – spiega un giovane, ad occhi bassi -. Adesso vorrei il certificato morte ma non si capisce come fare. Volevo chiedere all’ Italia di aiutarci ad avere i documenti dei nostri cari, perché la Prefettura non li da,ma neppure il Comune o la Polizia. Per favore aiutateci".
Anche Mohammad Haroon Faizi, un uomo afghano che vive in Italia dal 2016, ha chiesto di parlare per ringraziare i crotonesi per l’accoglienza, ricordando al Governo italiano "e al signor presidente Mattarella di mantenere la promessa che ci ha fatto. Di facilitare le pratiche burocratiche per i documenti dei nostri cari e per portare le salme nel paese in cui ora viviamo".
Tra la folla vi è una comunità curda ben  integrata in città che ha subito dato aiuto ai connazionali arriavati a Crotone. Certamente i familiari delle vittime vivono un dramma nel dramma. Hanno dovuto riconoscere i loro cari da una fotografia, saltando i rituali della sepoltura sacri per i musulmani, non possono ancora portare nel loro paese i corpi e non è dato sapere quando si celebreranno i funerali. Un lodevole servizio continuano a darlo le associazioni, i volontari, i mediatori culturali che hanno assistito decine di persone dando loro supporto emotivo e psicologico ma soprattutto un abbraccio e una carezza nel momento del dolore più forte, quello del riconoscimento dei cari. Nella piazza fanno eco le urla "Assassini, assassini" mentre la Rete 26 febbraio chiede giustizia e nessuna passerella politica. 

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