La vicenda di maysoon majidi

Attivista curda arrestata a Crotone, gli avvocati: il decreto Piantedosi predilige presunzione di colpevolezza

L'attivista curdo irachena scappata dal regime arrestata per favoreggiamento all'immigrazione clandestina fa sapere tramite gli avvocati: io detenuta in Italia da innocente preferisco fare il carcere in Iran dove la mia colpa è essere una donna libera di vivere la propria vita

Maysoon Majidi

CROTONE – “Se deve essere detenuta in Italia da innocente e senza riuscire a capire quali accuse le sono mosse Maysoon Majidi preferisce affrontare il carcere o pene maggiori in Iran dove conosce la propria colpa che è quella di essere Donna e di voler vivere la propria vita”. È quanto dicono gli avvocati Luca Gagliardi e Shady M. Alizadeh, del Foro di Trani, difensori di Maysoon Majidi, regista ed attivista curdo iraniana arrestata a Crotone per favoreggiamento all’immigrazione clandestina a seguito dello sbarco di 77 migranti del 31 dicembre 2023.

Le accuse

Da allora Maysoon Majidi è in carcere a Castrovillari. Alla base delle accuse, secondo la Guardia di finanza che l’ha arrestata, ci sono le testimonianze di solo due migranti secondo i quali Maysoon distribuiva cibo e acqua agli altri compagni di viaggio e faceva mantenere la calma a bordo, ma non avrebbe guidato materialmente l’imbarcazione, condotta invece da un cittadino turco.

La persecuzione in Iran

Maysoon, 28 anni, regista e attivista per i diritti delle donne in Iran è stata costretta a lasciare l’Iran nel 2019 dopo aver partecipato alle proteste contro il regime dove sono morte oltre 1.500 persone. Maysoon è scappata poi nel Kurdistan iracheno continuando il suo attivismo per le donne curde e iraniana anche a distanza e dando voce al movimento donna vita libertà. Ha dovuto lasciare l’Iraq perché anche lì perseguitata e per questo si è imbarcata per raggiungere l’Europa.

Incidente probatorio

Lo scorso 26 marzo, a quasi tre mesi dall’arresto, davanti al gip del Tribunale di Crotone, Elisa Marchetto, si è svolto l’incidente probatorio che avrebbe dovuto cristallizzare le accuse attraverso l’ascolto dei testimoni. L’importanza di ascoltare i due testimoni deriva dalla necessità, secondo gli avvocati, di “verificare le testimonianze delle due persone che si pensa abbiano accusato Maysoon, al momento dello sbarco, quando le stesse erano stremate dal lungo viaggio, forse affamate e disidratate e comunque spaventate dal vedersi interrogate da persone in divisa, con il terrore di essere o arrestate o peggio rimpatriate”, ma anche di “evitare la cristallizzazione delle accuse ottenute senza il contraddittorio della difesa e senza che si possa, per la mancanza di registrazioni video o audio, verificare quanto detto in lingua originale”.

Testimoni irreperibili

Nel corso dell’udienza si è scoperto, però, che non era possibile ascoltare i due testimoni i quali – dopo tre mesi – hanno lasciato l’Italia. Gli avvocati dell’attivista avevano però rintracciato i testimoni consegnando la documentazione alla Procura affinché potesse attivare la rogatoria internazionale.
Tuttavia, nel corso dell’udienza la Guardia di finanza, come rivelano i due avvocati, ha comunicato di aver “provveduto all’inoltro della notifica ma che non aveva potuto depositare la prova dell’avvenuta notifica nelle mani del teste di accusa” pur “avendo indicato la correttezza dell’indirizzo della struttura in cui il testimone è ospitato ed anche aver accertato la sua presenza nella stessa struttura”. Per questo il Gip ha disposto di notificare l’ordine di comparizione per il testimone al corpo di polizia estero più vicino per poter svolgere l’ascolto a distanza del testimone”. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 3 maggio.

Diritti difesa non garantiti

Gli avvocati Shady M. Alizadeh e Luca Gagliarci, hanno evidenziato come la vicenda giudiziaria dell’attivista iraniana mostri i limiti del decreto Piantedosi che – scrivono o legali – “predilige una presunzione di colpevolezza invece che la presunzione di innocenza prevista nel nostro ordinamento, che dovrebbe accompagnare chiunque cittadino italiano o meno”.
In pratica per gli accusati mancano gli elementari diritti della difesa. “La convalida del fermo e l’applicazione della misura cautelare – spiegano gli avvocati – avvengono in un momento in cui non si ha esatta percezione della lingua parlata dall’indagato, con un traduttore che comprende quello che viene detto e che dovrebbe spiegare difficoltosi precetti giudiziari a una persona che, dopo giorni di viaggio stipato in barchini, con la possibilità di morire in ogni istante, denutrito e disidratato, si vede ammanettato e portato davanti a un giudice, assistito da un avvocato che nel 99% dei casi non può interloquire direttamente e che non sa come attingere elementi utili per adire il Tribunale del riesame o chiedere misure cautelari alternative alla detenzione in carcere”.
Per questo, secondo i due legali, “senza una richiesta di rogatoria internazionale al Gip le testimonianze raccolte in situazioni di assoluta precarietà giuridica diventano pietre angolari dell’accusa. Senza la possibilità del difensore di scalfirle”.

Dibattito

I due avvocati concludono con un auspicio: “Confidiamo di riuscire con tutti i mezzi messi a disposizione dalle nostre leggi di provare l’innocenza di Maysoon e, rispettando la sua volontà di aiutare il prossimo, aprire un serio dibattito penale e politico sul decreto-legge Cutro e sulle possibilità di difesa processuale”.