Cronaca

Perugia, misure cautelari per fatture false, autoriciclaggio e ricettazione, coinvolto affiliato alla cosca Farao-Marincola

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I militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria e del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza, su delega della Procura della Repubblica di Perugia, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare, emessa dal Gip, nei confronti di imprenditori, professionisti e società operanti sull’intero territorio provinciale, ritenuti, allo stato, responsabili a vario titolo dei reati di trasferimento fraudolento di valori, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, autoriciclaggio, ricettazione, indebita percezione di erogazioni pubbliche, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Nello specifico, le indagini, avviate nel 2020 e condotte con il supporto del Scico di Roma, hanno consentito di delineare un articolato quadro indiziario in relazione a plurimi casi di intestazioni fittizie di quote societarie ed immobili, di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e di reimpiego dei connessi proventi illeciti, riconducibili a soggetti già gravati da precedenti penali o di polizia per associazione mafiosa o destinatari di misure di prevenzione. Inoltre, sarebbero stati appurati casi di indebita percezione di contributi pubblici erogati per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ed episodi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mediante l’instaurazione di fittizi rapporti di lavoro a favore di cittadini extracomunitari, finalizzati all’ottenimento del permesso di soggiorno nell’ambito della procedura di regolarizzazione di colf, badanti e braccianti agricoli.
L’indagine trae origine dagli approfondimenti di natura patrimoniale, avviati d’iniziativa nei confronti di un imprenditore edile calabrese, da anni residente in provincia, già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ed attualmente imputato in altro procedimento, per il reato di cui all’art. 416-bis (quale affiliato alla cosca di ’ndrangheta Farao-Marincola), che avrebbe attribuito fittiziamente a propri congiunti la titolarità di una nuova azienda, al fine di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali ed agevolare il riciclaggio di proventi illeciti.
Dai successivi sviluppi è emerso, inoltre, che tanto la nuova impresa quanto la preesistente azienda operavano come "serbatoi" di manodopera, illecitamente somministrata a terzi, attraverso la stipula di contratti di appalto ritenuti di natura fraudolenta. Come accertato, infatti, anche dai funzionari dei competenti uffici dell’Inps e dell’Ispettorato territoriale del lavoro, il personale formalmente assunto dai soggetti appaltatori era, in realtà, stabilmente alle dipendenze del committente (una storica società perugina attiva nel settore della fabbricazione di prodotti in calcestruzzo) che dettava le direttive, elaborava i piani di lavoro e ne definiva le concrete modalità di esecuzione, esercitando poteri assoluti di controllo, esautorando, di fatto, gli appaltatori da ogni autonomia organizzativa, riducendosi, quest’ultima, alle funzioni di mera gestione amministrativa dei rapporti di lavoro, senza assunzione del rischio d’impresa.
Tali elementi sono stati considerati indici rivelatori della non genuinità dei contratti di appalto e della esternalizzazione di fasi o cicli del processo produttivo. Di conseguenza, le fatture relative ai contratti sono state ritenute giuridicamente inesistenti. Figura cruciale è risultata essere quella di un consulente del lavoro di origine calabrese che, oltre a mettere a disposizione le proprie competenze professionali per la realizzazione del sistema fraudolento descritto, si sarebbe adoperato a favore di numerosi pregiudicati, al fine di consentire agli stessi il raggiungimento di indebiti benefici, attraverso la perpetrazione di vari reati.
Fra i "beneficiari" delle illecite prestazioni professionali, attinti dal provvedimento cautelare, figurano un soggetto già condannato in via definitiva per associazione mafiosa in quanto considerato affiliato al clan camorristico dei Casalesi, un imprenditore edile calabrese, attualmente imputato per reati aggravati dal metodo mafioso, un soggetto pugliese, responsabile anche della ricettazione di orologi contraffatti, ed un pregiudicato di etnia rom di Bastia Umbra (Pg), il quale, dietro compenso, avrebbe favorito l’ingresso illegale nel territorio dello Stato di numerosi soggetti extracomunitari, procurando loro fittizi rapporti di lavoro. In questo ulteriore filone, risultano coinvolti anche una cittadina cinese e quattro soggetti residenti a Perugia e nei comuni limitrofi nonché una persona originaria dello Sri Lanka, residente a Gualdo Cattaneo (Pg).
Visti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei soggetti indagati per i reati a ciascuno provvisoriamente contestati, il Gip ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione di misure cautelari, disponendo la custodia in carcere nei confronti di un imprenditore di origine calabrese e del consulente del lavoro, gli arresti domiciliari per un altro imprenditore edile calabrese indagato per intestazione fittizia ed indebita percezione di erogazioni pubbliche ed, infine, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di sette persone, a vario titolo, coinvolte. Con il medesimo provvedimento è stato disposto, infine, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del capitale sociale e del compendio aziendale di sei imprese, di immobili (fra cui un intero complesso residenziale di recente costruzione), autovetture e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro.