Cronaca

Naufragio migranti: una via Crucis perché nessuno sia più trattato da merce residuale

STECCATO DI CUTRO – "Signore Gesù, è facile portare il crocifisso al collo o appenderlo come ornamento sulle pareti delle nostre belle cattedrali o delle nostre case, ma non è altrettanto facile incontrare e riconoscere i nuovi crocifissi di oggi: i senza fissa dimora, i giovani senza speranza, senza lavoro e senza prospettive, gli immigrati costretti a fare viaggi inauditi e a vivere nella precarietà ai margini della nostra società, dopo aver affrontato sofferenze inenarrabili. Purtroppo, questi viaggi, senza sicurezza, infrangono i sogni e le speranze di migliaia di donne e uomini emarginati, sfruttati, dimenticati, perseguitati, abbandonati da tutti"
È stata una via Crucis dal significato molto forte quella che si è svolta questa sera a Steccato di Cutro per rendere omaggio alle vittime del naufragio di domenica 26 febbraio.
Un migliaio di persone provenienti da tutta la diocesi e dalla Calabria ha partecipato alla processione che si è conclusa sulla spiaggia dove solo sette giorni fa si raccoglievano cadaveri dei migranti annegati a pochi metri dalla riva. Dietro ad un crocefisso realizzato con il fasciame dell’imbarcazione distrutta, si è incamminata tantissima gente. Presenti il vescovo di Crotone, Angelo Raffaele Panzetta, quello di Lamezia, Serafino Parisi, e quello di Cosenza, Giovanni Cecchinato. Nel corso della processione la pesante croce realizzata dall’artista Maurizio Giglio, è stata portata a turno dai rappresentanti delle parrocchie delle vicaria di Belcastro ed Isola Capo Rizzuto.
Una via Crucis che, nelle intenzioni è servita "percorrere la “via dolorosa” insieme a tutti i poveri, agli esclusi dalla società e ai nuovi crocifissi della storia di oggi, i migranti, in particolare i naufraghi morti, i dispersi, i sopravvissuti alla tragedia di domenica scorsa a Steccato di Cutro, vittime delle nostre chiusure, dei poteri e delle legislazioni, della cecità e dell’egoismo, ma soprattutto del nostro cuore indurito dall’indifferenza. Una malattia quest’ultima di cui anche noi cristiani soffriamo". 
Anche diversi sindaci presenti hanno portato la croce proprio fino all’ultima stazione dove si è pregato "perché ogni figlio e figlia dell’uomo sia riconosciuto davvero nella sua dignità di figlio e figlia di Dio e mai più trattati da schiavi, da merce residuale, vilipesi nella dignità, nell’umanità".