Regione & oltre

Frodi fiscali e riciclaggio a Reggio Emilia: sgominata associazione legata a cosche cutresi

cc e gdf

Un giro d’affari di oltre 30 milioni di euro realizzato attraverso riciclaggio e false fatture che coinvolgeva anche appartenenti alle cosche di Cutro. E’ quello  scoperto da Carabinieri e Guardia di Finanza, coordinati della Procura di Reggio Emilia, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque persone, ai domiciliari per sette, indagati per associazione a delinquere e per numerose ipotesi, in prevalenza reati tributari, false fatturazioni, riciclaggio internazionale ed autoriciclaggio. Previste anche tre interdittive.
Dall’inchiesta ‘Minefield’ sono emerse operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e nazionale ad opera del sodalizio condotto da soggetti calabresi originari di Cutro, professionisti calabresi e campani, alcuni nati a Reggio Emilia e altri originari della provincia di Foggia. Le indagini di carabinieri e guardia di finanza – coordinati dalla procura reggiana – hanno portato a scoprire come il core business criminale fosse legato in misura prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita degli “utilizzatori” coinvolti nell’articolato sistema di frode fiscale che si reggeva grazie alle cosiddette ‘cartiere’ intestate a insospettabili prestanomi.  Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, le fatture false ammontano a circa quattro milioni di euro per sei milioni di euro di imposte evase. L’organizzazione inoltre gestiva un imponente giro d’affari in diversi settori, dalle prestazioni di servizi (cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie), oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all’ingrosso.
L’associazione riciclava il denaro ottenuto illecitamente tramite un sistema di false fatture e frode fiscale, ripulendolo nell’economia legale, investendo in diamanti, orologi preziosi e auto di lusso acquistate in Austria e poi noleggiate nel territorio reggiano attraverso società riconducibili al sodalizio. Beni di lusso e oltre 200.000 euro in contanti, sequestrati da guardia di finanza e dai carabinieri nell’operazione ‘Minefield’ che ha permesso di smantellare un’attività illecita contigua agli ambienti della criminalità organizzata portando ad indagare 108 persone (di cui 26 che secondo gli inquirenti sono appartenenti alla ‘ndrangheta) con 81 società coinvolte e 251 aziende utilizzatrici delle operazioni inesistenti, tra Emilia-Romagna, Calabria, Campania, Toscana, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto: qui sono in corso le perquisizioni da parte di 350 militari tra carabinieri del comando provinciale col supporto dei colleghi nelle varie regioni e finanzieri, oltre allo Scico (il servizio centrale investigativo sulla criminalità organizzata) delle Fiamme Gialle. Sono stati disposti sequestri per oltre 10,5 milioni di euro su richiesta della Procura di Reggio Emilia diretta dal procuratore capo della Repubblica, Calogero Gaetano Paci che ha coordinato l’inchiesta.