Migranti

Nave Ong, Tribunale Crotone: ha svolto il suo compito di soccorso non può essere fermata

Per il giudice del Tribunale civile di Crotone la Libia non è un posto sicuro e la Humanity 1 non era tenuta a obbedire alla guardia costiera libica

nave humanity 1

CROTONE – Quella della guardia costiera libica era un’operazione di salvataggio “insussistente” e quindi “nessuna condotta ostativa è riscontrabile” nei riguardi della Humanity 1 “la quale, in tale, contesto, è risultata l’unica imbarcazione ad intervenire per adempiere, nel senso riconosciuto dalle fonti internazionali, al dovere di soccorso in mare dei migranti”. Con questa motivazione il giudice della sezione civile del Tribunale di Crotone, Altonio Albenzio, ha emesso un’ordinanza con la quale conferma la precedente sospensione del provvedimento di fermo amministrativo. Provvedimento al quale era stata sottoposta la nave della Ong tedesca Humanity 1 a seguito del soccorso di 77 migranti avvenuto il 4 marzo 2024 nel canale di Sicilia. Alla nave della ong tedesca Sos Humanity venne dato come porto di sbarco quello di Crotone dove, dopo è stata sottoposta a fermo dalle autorità italiane.

Udienza con le parti

La sezione civile del Tribunale di Crotone il 18 marzo aveva già disposto la sospensione del fermo amministrativo su ricorso della ong tedesca inaudita altera parte. Il 17 aprile il giudice ha ascoltato le parti: oltre alla Sos Humanity, si sono costituiti – tramite l’Avvocatura dello Stato di Catanzaro – ministero delle Infrastrutture e trasporti e Capitaneria di porto, ministero dell’Interno e Questura di Crotone e ministero dell’Economia e Guardia di Finanza sezione operativa navale di Crotone.
L’Avvocatura dello Stato ha ribadito l’accusa nei confronti della nave umanitaria di inosservanza all’ordine di allontanamento formulato dalla motovedetta libica intervenuta nelle operazioni di salvataggio dei migranti.

L’ordinanza

Il giudice nella ordinanza cautelare emessa in attesa dell’udienza di merito che si terrà il 26 giugno, smonta la tesi accusatoria. Dopo una disamina delle normative che regolano il soccorso in mare e definiscono  la qualificazione giuridica di luogo sicuro nel quale portare i migranti una volta soccorsi, il giudice Albenzio sostiene che “non può ritenersi che l’attività perpetrata dalla guardia costiera libica sia qualificabile come attività di soccorso per le modalità stesse con cui tale attività è stata esplicata. Costituisce infatti circostanza incontestata e documentalmente provata che il personale libico fosse armato e che, in occasione di tali attività, avesse altresì esploso colpi di arma da fuoco; parimenti, costituisce circostanza evincibile dalla corrispondenza in atti che nessun luogo sicuro risulta essere stato reso noto dalle stesse autorità libiche intervenute per coordinare sul posto le operazioni di recupero dei migranti”.

Libia non sicura

Il giudice del Tribunale di Crotone, citando al convenzione di Amburgo e gli accordi tra i governi italiani e libici firmati nel 2017 (che prevedono l’istituzione di “campi di accoglienza temporanei in Libia, sotto l’esclusivo controllo del Ministero dell’Interno libico, in attesa del rimpatrio o del rientro volontario nei paesi di origine” e l’impegno del governo italiano “a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina), ed il rapporti dell’alto commissariato dell’Onu del 2021, sostiene che “allo stato attuale non è possibile considerare la Libia un posto sicuro ai sensi della Convenzione di Amburgo, essendo il contesto libico caratterizzato da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e non essendo stata mai ratificata la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati da parte della Libia”.

Soccorso legittimo

Tutti questi elementi per il giudice “sono sufficienti per escludere l’esistenza di qualsivoglia qualificazione delle operazioni effettuate dalla guardia costiera libica, con personale armato e senza individuazione di un luogo sicuro conforme ai parametri internazionali sopra delineati, operazioni di salvataggio, nel senso riconosciuto dalla plurime fonti internazionali”. Per questo, aggiunge il giudice “stante l’insussistenza di una operazione di salvataggio concomitante perpetrata dalla guardia costiera libica, nessun ordine di allontanamento è giustificabile nei confronti dell’unica imbarcazione che ha posto in essere condotte in adempimento del dovere assoluto di soccorso in mare”.